- L’arte di adattarsi: i licheni e le infinite combinazioni della natura
- Il restauro tra scienza e pazienza: come si rimuovono i licheni
- Come fermare i licheni (senza distruggere la pietra)
- Cianolicheni: l'antica alleanza tra funghi e cianobatteri
L’arte di adattarsi: i licheni e le infinite combinazioni della natura
Le diverse specie licheniche hanno esigenze differenti l’una dall’altra e, per questo, riescono a colonizzare efficacemente le molteplici (micro-)nicchie ecologiche presenti in ogni ambiente.
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La distribuzione delle specie licheniche è correlata a diversi fattori fra cui: l’intensità luminosa, l’inclinazione e l’esposizione del substrato, la temperatura, la disponibilità di acqua allo stato liquido, la presenza di sostanze minerali in soluzione, l’apporto di (micro-)nutrienti, come i nitrati delle deiezioni degli uccelli. Anche i beni culturali in pietra esposti in ambiente esterno costituiscono un ecosistema caratterizzato da numerose micro-nicchie e sono colonizzati da comunità complesse e differenziate.
Il restauro tra scienza e pazienza: come si rimuovono i licheni
La presenza lichenica sui beni culturali in pietra può causare, nella maggioranza dei casi, fenomeni di biodeterioramento: per questo motivo durante le fasi di restauro è, di norma, prevista la loro rimozione.
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Anche se la crescita dei licheni nelle aree archeologiche è inevitabile, esistono diverse modalità per devitalizzarli e rimuoverli, se necessario. Nel corso degli ultimi decenni sono stati dedicati a questo tema molti studi che hanno permesso di comprendere, ad esempio, come sia fondamentale devitalizzare i talli prima della loro rimozione meccanica dalle superfici. Molti fattori, come la sensibilità delle diverse specie ai biocidi in commercio e i diversi protocolli di applicazione, rivestono una fondamentale importanza per il successo degli interventi e, soprattutto, per la durata della loro efficacia.
Come fermare i licheni (senza distruggere la pietra)
Prima di operare la rimozione dei talli lichenici è importante devitalizzarli, per evitare che possano riprendere la colonizzazione immediatamente dopo la pulitura, in particolare a partire da porzioni di tallo rimaste all’interno della roccia.
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La devitalizzazione può essere ottenuta con metodi fisici, come l’esposizione dei talli idratati a temperature portate rapidamente ad oltre 50°C, ad esempio con l’utilizzo di microonde. Anche l’utilizzo di laser ablativi rientra fra i trattamenti fisici. Esistono anche metodi chimici, che utilizzano i biocidi, sostanze tossiche per gli organismi. L’efficacia dei biocidi, siano essi di sintesi o derivati da piante, dipende da vari fattori: la sensibilità di ogni specie lichenica, le concentrazioni e i solventi utilizzati, i tempi e i metodi di applicazione (come pennelli o impacchi di polpa di cellulosa), e le condizioni di umidità e temperatura durante il trattamento. Per questa ragione, è fondamentale eseguire test per verificare l’efficacia dei trattamenti.
Cianolicheni: l'antica alleanza tra funghi e cianobatteri
I cianolicheni sono neri e compatti. Quando sono secchi sono fragili e duri, invece diventano gelatinosi e aumentano di volume quando si bagnano.
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I cianolicheni sono licheni in cui un micobionte è in simbiosi con i cianobatteri, batteri fotosintetici che, nella storia della Terra, sono stati i primi effettuare la fotosintesi clorofilliana, liberando ossigeno nell’atmosfera. Oggi troviamo i cianobatteri in molti ambienti, anche al di fuori della simbiosi lichenica. I talli dei cianolicheni possono essere crostosi, fogliosi o (micro)fruticosi e, in molti casi, hanno una struttura omeomera (STAZIONE 1). A differenza dei licheni in simbiosi con alghe verdi, che possono sfruttare l’acqua sotto forma di vapore per la loro reidratazione, i cianolicheni dipendono per il loro metabolismo dalla presenza, almeno periodica, di acqua allo stato liquido.