Messalina

Aneddoti e tragedia della vita di Valeria Messalina

Dopo aver esaminato il caso del ritratto capite velato del cosiddetto “Claudio” dei Musei di Fiesole, è impossibile non soffermarsi, almeno brevemente, anche sulla seconda testa (inv. n. 346-347) ancora oggi esposta al suo fianco, la quale, tuttavia, si presenta in uno stato di conservazione ben peggiore. Il ritratto marmoreo di cui ci accingiamo a parlare, alto più o meno al naturale e rappresentante un soggetto femminile, si mostra infatti lacunoso, e ricomposto da almeno due grandi frammenti tra loro combacianti (Fig. 1). Il volto, mancante per intero della fronte e della chioma sul lato sinistro, mostra una profonda scheggiatura sulla punta del naso e sul mento, e presenta inoltre importanti abrasioni su parte dell’occhio e dell’orecchio di destra, nonché sulle labbra. Tutta la porzione retrostante della testa è caratterizzata da una superficie assai logora e in alcuni punti la scultura si mostra calcinata, indicando come il manufatto debba esser stato esposto all’azione del fuoco. Alcuni fori di alloggio sopravvissuti sulla chioma hanno lasciato immaginare che il ritratto fosse stato decorato in origine da un diadema in metallo prezioso.
Riconosciuta cautamente come uno dei pochi, probabili ritratti di Valeria Messalina, terza moglie dell’Imperatore Claudio, la testa fiesolana sembra aggiunge a una serie tutto sommato ristretta di repliche scultoree raffiguranti questo particolare soggetto. La scarsità di immagini relative a questa sovrana è da imputare non solo alla brevità del periodo in cui la giovane Messalina sedette sul trono imperiale (41-48 d.C.), ma anche alla damnatio memoriae (“distruzione del ricordo”) che Claudio fece attuare nei confronti di tutte le immagini e le iscrizioni a essa riferite. Per comprendere al meglio le ragioni di questo atto, occorre ripercorrere brevemente la storia di Messalina.

Figura 1 - Testa femminile lacunosa, ricomposta da frammenti, identificata con un ritratto dell’imperatrice Messalina
Figura 1 - Testa femminile lacunosa, ricomposta da frammenti, identificata con un ritratto dell’imperatrice Messalina

Valeria Messalina nacque a Roma, nel lontano 25 d.C. Figlia di Marco Valerio Messalla Barbato e di Domizia Lepida, la giovane Messalina non solo era dunque esponente di una delle più importanti famiglie aristocratiche di Roma (la gens Valeria), ma risultava anche imparentata con il casato dell’imperatore Augusto. Appena quattordicenne, la nobile fanciulla fu data in sposa a Tiberio Claudio Druso – il futuro imperatore Claudio – il quale era di oltre trent’anni più vecchio di lei. Succeduto al nipote Caligola alla guida dell’impero nel 41 d.C., Claudio non rispondeva esattamente all’ideale virile diffuso nella Roma imperiale: probabilmente claudicante e affetto da balbuzie, fin da giovane Claudio era stato infatti tenuto lontano dalla vita politica di Roma e dagli intrighi della corte imperiale, permettendo così al futuro princeps di coltivare i suoi interessi di natura intellettuale e culturale.
Nonostante i nobili natali, il matrimonio con Claudio e la nascita di un figlio maschio (il futuro Britannico) nello stesso anno della sua elevazione al rango di Augusta (Fig. 2), la giovane Messalina – già giudicata come una delle più belle donne della Roma del suo tempo – divenne ben presto oggetto di forti critiche e invettive satiriche, dovute alla sua (supposta) condotta eccessivamente dissoluta, sul duplice piano amoroso e sessuale. Contro di lei si scagliò in particolare il poeta Giovenale, che non esitò a bollarla come Augusta meretrix (“Augusta meretrice”, cfr. Satire 6, 118), ma non mancano ulteriori dettagli, scabrosi e infamanti, tramandati anche dalle pagine del biografo imperiale Svetonio e perfino da Plinio il Vecchio. Di lei si diceva che, nella notte, all’insaputa del marito, avrebbe ripetutamente abbandonato il talamo nuziale, per vestire i panni della prostituta Licisca (che in greco significa “piccola lupa”) e trascorrere così lunghe ore di piacere nei lupanari della città, in compagnia di marinai, attori e gladiatori, rientrando poi prima dell’alba nella sua stanza, con ancora addosso l’odore acre del fumo delle lucerne…

Figura 2 - Statua femminile con bambino, ispirata al modello di Eirene e Ploutos di Cefisodoto il Vecchio e tradizionalmente identificata con Messalina che tiene fra le braccia il piccolo Britannico
Figura 2 - Statua femminile con bambino, ispirata al modello di Eirene e Ploutos di Cefisodoto il Vecchio e tradizionalmente identificata con Messalina che tiene fra le braccia il piccolo Britannico

Il vero inizio della sventura di Messalina è tuttavia da imputare alla particolare relazione amorosa che essa aveva intrapreso con il politico romano Gaio Silio, designato console per l’anno 49 d.C., il quale, ripudiata la moglie Giulia Silana, era ben presto divenuto il nuovo amante dell’imperatrice. L’occasione favorevole per sbarazzarsi della scomoda sovrana coincise con una festa dionisiaca data nelle sale del palazzo imperiale, durante la quale sembra che Messalina e Gaio Silio avessero inscenato una sorta di matrimonio. Informato dell’accaduto dal liberto Narcisso, e temendo per la tenuta del suo principato, Claudio, che in quel momento si trovava a Ostia, fece rapidamente ritorno a Roma e ordinò che i partecipanti alla festa fossero condotti di fronte a lui, a cominciare da Gaio Silio: tutti furono processati in modo sommario sul posto, e molti di loro – incluso lo stesso Silio – furono uccisi o costretti a darsi la morte. Nel frattempo Messalina, informata del rientro a Roma del marito, aveva cercato inutilmente la fuga, nascondendosi negli Horti Luculliani. Su ordine dello stesso Narcisso, l’imperatrice fu raggiunta in questo luogo da un tribuno, il quale, trovatala tremante e incapace di darsi la morte con le sue stesse mani, pose fine alla sua giovane vita con un colpo di spada. Si concludeva così, in modo cruento e tragico, la vita di una delle più celebri e controverse sovrane della Roma imperiale. L’accanimento contro la figura di Messalina non si concluse tuttavia con la sua morte prematura: per il sospetto del suo coinvolgimento in una congiura volta a rovesciare il trono imperiale, Claudio decretò infatti che tutte le statue della giovane defunta fossero distrutte e che il suo nome fosse scalpellato via da ogni iscrizione e monumento.

Figura 3 -  L’attrice italiana Rina de Liguorio protagonista nel film Messalina
Figura 3 -  L’attrice italiana Rina de Liguorio protagonista nel film Messalina 

Si è a lungo dibattuto sulla possibilità che le fonti latine di epoca imperiale possano aver esasperato uno stile di vita che, senza dubbio, non doveva essere all’epoca esclusivo della sola Messalina. Non si può neppure escludere che gli antichi autori – soprattutto quelli più vicini al Senato di Roma – abbiano in realtà tentato di screditare la moglie dell’imperatore per minare indirettamente anche la reputazione del principe. Ciò che più colpisce, tuttavia, è la grande attualità di questa figura femminile della Roma di duemila anni fa, che, per il suo carattere forte e indomito – e forse per l’illusione di poter seguire liberamente i propri desideri e sentimenti, a dispetto del delicato ruolo e della posizione da lei occupata nella società dell’epoca – finì per essere travolta da una morale e da un giudizio ancora troppo fortemente legati all’assoluta centralità della figura maschile. La moderna tradizione letteraria e artistica ha scelto non di rado di fare ricorso a questo soggetto e alla sua tragica storia, fra XVII e XIX secolo, ponendola al centro di opere drammatiche, dipinti e sculture; perfino l’industria cinematografica – soprattutto quella italiana – ha ampiamente attinto, a sua volta, alla travagliata vicenda di Messalina (Fig. 3), rivisitandone la figura nella sua duplice veste di Eterna tentatrice (regia di M. Tourneur, 1918) e Venere imperatrice (regia di V. Cottafavi, 1960), mentre lo stesso nome della giovane imperatrice ha finito per diventare, con il tempo, sinonimo di “donna dissoluta e depravata”. Della sua storia originaria, purtroppo, non restano oggi che pochi scarni frammenti, muti testimoni di una vicenda che solo in parte possiamo oggi sperare di ricostruire nelle sue linee più autentiche, e dei quali almeno uno – ancorché assai mal ridotto – sembrerebbe essere fortunatamente sopravvissuto negli scavi dell’antico teatro di Fiesole, restando apprezzabile per i visitatori del locale Museo Civico Archeologico.

Francesco Tanganelli


Immagini:

Fig. 1: Testa femminile lacunosa, ricomposta da frammenti, identificata con un ritratto dell’imperatrice Messalina (invv. nn. 346-347). Marmo bianco, verso la metà del I secolo d.C. Dall’area del Teatro romano di Fiesole. Fiesole, Museo Civico Archeologico (foto dell’autore).

Fig. 2: Statua femminile con bambino, ispirata al modello di Eirene e Ploutos di Cefisodoto il Vecchio e tradizionalmente identificata con Messalina che tiene fra le braccia il piccolo Britannico (Ma1224). Marmo bianco, verso la metà del I secolo d.C. Paris, musée du Louvre (foto di Marie-Lan Nguyen, Creative Commons Attribution-Sharealike 4.0).

Fig. 3: L’attrice italiana Rina de Liguorio protagonista nel film Messalina (1924), di E. Guazzoni (foto di Cavarrone, Creative Commons Attribution-Sharealike 4.0).

Bibliografia:

M. Floriani Squarciapino, Messalina I, in Enciclopedia dell'Arte Antica, 1961, s.v.

M. Fuchs, Il Teatro romano di Fiesole. Corpus delle sculture, Roma, L’Erma di Bretschneider, 1986.

O. Rossini, C. Parisi Presicce, L. Spagnuolo (a cura di), Claudio imperatore. Messalina, Agrippina e le ombre di una dinastia (catalogo della mostra), Roma, L’Erma di Bretschneider, 2019.