Breve storia di un museo mancato.

Chi si rechi a visitare oggi il Museo archeologico trova esposte, al piano dei ballatoi, le raccolte antiquarie che collezionisti privati hanno donato al Museo dal 1878, anno della sua istituzione, ad oggi. Tra di esse, ce n’è una dalla storia alquanto singolare: quella del marchese Edoardo Albites di San Paterniano. In pochi forse sanno che, dietro ad una delle collezioni più ricche del Museo, si cela una storia di aspirazioni, promesse non mantenute e grandi delusioni: quella di un vero e proprio museo “mancato”.   

Edoardo Albites era nato a Parigi nel 1834 in seno ad una aristocratica famiglia marchigiana che aveva in Francia interessi di tipo fondiario. Risiedeva stabilmente a Firenze e aveva a Fiesole una villa. Nel 1885 fece il suo ingresso nella Commissione archeologica comunale, l’organo dell’Amministrazione che si occupava degli scavi e della conservazione dei monumenti e dei reperti archeologici rinvenuti. Come la maggioranza dei colleghi, egli non aveva una formazione specifica in materia archeologica: ad animarlo era un forte interesse che si era approfondito nel tempo con il progredire degli scavi della città antica. Egli aveva infatti assistito alla riscoperta del teatro romano e, da lì a poco, avrebbe visto tornare in luce anche il tempio e le terme (Fig. 1).

terme romane cartolina d'epoca
 Figura 1- Le terme romane in una cartolina d'epoca

Oltre che con il suo operato come membro della Commissione, il Marchese volle contribuire personalmente al sostegno del progetto culturale del neonato Museo archeologico, allora ospitato all’interno del Palazzo pretorio. Lo fece soprattutto attraverso la donazione di reperti acquistati sul mercato antiquario nazionale, principalmente a Roma e a Napoli. Nella scelta predilesse sempre oggetti di un certo valore artistico, come si deduce chiaramente anche dalla qualità dei materiali facenti parte della sua prima donazione, risalente proprio al 1885. Tra questi, due belle urne cinerarie di tipo volterrano decorate a rilievo, tutt’oggi esposte nel Museo (Fig. 2). Le donazioni da parte sua si susseguirono con una certa regolarità fino al 1912. Nel frattempo però, il Marchese aveva cominciato a maturare l’aspirazione ad intervenire ancora più incisivamente nel panorama culturale della città.

urna

 Figura 2 - Una delle urnette donate da Albites nel 1885, decorata con scena di viaggio agli inferi di un magistrato su quadriga

Nel 1914, infatti, in seguito all’ultima sua massiccia donazione, la Giunta comunale deliberava “...di accettare, con animo grato, la preziosa offerta di numerosi oggetti d’arte …, assieme all’esibizione di ridurre, a sue spese, alcune stanze del Palazzo Pretorio…da adibirsi ad uso di Museo per gli oggetti anzidetti…”. Nelle aspirazioni del Marchese, la collezione di reperti da lui donati doveva diventare un vero e proprio museo (tra l’altro, da intitolare a se stesso!) da collocarsi nel palazzo del potere politico cittadino, dal quale proprio in quei mesi si stavano portando via le collezioni del Museo archeologico. Per questo, infatti, l’Amministrazione comunale aveva quasi ultimato la costruzione di un nuovo edificio all’interno dell’Area archeologica (là dove ancora si trova oggi). Per la collezione del Marchese, egli stesso avrebbe provveduto a risistemare alcune sale poste al piano terra dell’ala meridionale del Palazzo, come mostra chiaramente il progetto dei lavori approvato (Fig. 3).

progetto museo Albites
Figura 3 - Il progetto per il Museo Albites all'interno del Palazzo Pretorio

Nel 1914 quindi, era praticamente certo che, oltre al nuovo Museo archeologico, a Fiesole sarebbe stato realizzato anche il nuovo Museo Albites. La soluzione di destinare a quest’ultimo uno spazio a sé, da individuarsi in Palazzo Pretorio, era stata caldeggiata da Luigi Adriano Milani e Edoardo Galli, i responsabili dell’ordinamento del nuovo Museo archeologico, provenienti dal più aggiornato ambiente culturale della vicina Firenze. Nella loro idea, infatti, il Museo quasi ultimato all’interno dell’Area doveva divenire il Museum Faesulanum, un moderno museo del territorio, ed era assolutamente necessario evitare che “…reperti che non avessero nulla a che fare con Fiesole…”, come quelli di Albites, finissero all’interno delle sue sale. All’idea iniziale di Albites di utilizzare un locale del nuovo Museo archeologico per ospitare gli oggetti medievali che aveva acquistato sul mercato antiquario, quindi, Milani, in particolare, si era fermamente opposto, dirottandolo proprio sul Palazzo Pretorio. In realtà, successivamente, il Milani e il Galli furono costretti da diverse circostanze a tornare sui loro passi e ad inserire nel percorso oggetti non fiesolani, tra cui proprio un lotto di reperti della collezione del Marchese (fig. 4).

coperchio urna
Figura 4 - Il coperchio di un'urnetta con donna recumbente e patera donato da Albites nel 1885 inserito nel Museo archeologico ordinato dal Milani

Nonostante le rimostranze al Sindaco (“...si permisero…di svaligiarmi degli oggetti che avevo…con tanta pazienza riuniti, per confonderli senza alcun ordine fra i calcinacci dell’Antico Teatro Romano!...”), il Marchese decise “...di continuare indefesso il mio piccolo museo purtroppo dilapidato”. L'età avanzata e altre circostanze, però, non gli permisero di portare avanti i suoi propositi e così il progetto del Museo Albites non fu portato a termine. Un anno dopo la morte del Marchese, avvenuta nel 1919, l’Amministrazione comunale si decise anzi per la restituzione della donazione al figlio di lui, fatta eccezione per un piccolo nucleo di reperti, tra urnette, statue in marmo e iscrizioni. Le ragioni erano diverse: la principale, sicuramente, il fatto che, in seguito ad una perizia eseguita dallo stesso Galli, molti dei reperti fossero stati giudicati falsi o dubbi, e che “...nei confronti e nei rapporti degli oggetti trovati a Fiesole e conservati nel Civico Museo,... non offrono interesse scientifico”. Finiva così il sogno pluriennale del Marchese Edoardo Albites di San Paterniano.

Vibia Matidia
Figura 5 - Il bel ritratto femminile cd. Vibia Matidia della collezione Albites

Oggi quello che resta della collezione Albites è esposto per la maggior parte in due sale del piano dei ballatoi, destinato alle collezioni antiquarie. Anche se l’attuale allestimento, risalente essenzialmente al 1981, si differenzia nettamente da quello voluto dal Milani e dal Galli per il Museo del 1914, continua a portare in sé lo stesso carattere ibrido, per cui nella sezione dedicata ai reperti fiesolani spuntano oggetti che fiesolani non sono: tra questi, proprio alcuni dei più significativi oggetti della collezione Albites (Fig. 5). Un po’ come se il Milani e il Marchese stessero ancora a contendersi gli spazi del Museo.

 

Chiara Ferrari

 


Immagini

Fig. 1 -  Le terme romane in una cartolina d’epoca, Archivio storico comunale (ante 1914).

Fig. 2 -  Una delle urnette donate da Albites nel 1885, decorata con scena di viaggio agli inferi di un magistrato su quadriga, inizi I secolo a.C., Museo civico archeologico (Foto di: Fotocronache Germogli Firenze).

Fig. 3 - Il progetto per il Museo Albites all’interno del Palazzo Pretorio, Archivio storico comunale.

Fig. 4 - Il coperchio di urnetta con donna recumbente e patera donato da Albites nel 1885 inserito nel Museo archeologico ordinato dal Milani, da Rescigno 1994.

Fig. 5 - Il bel ritratto femminile cd. Vibia Matidia della collezione Albites, recentemente riconosciuto come copia moderna del celebre busto Fonseca dei Musei Capitolini (Foto di: Fotocronache Germogli Firenze).

 

Riferimenti bibliografici

B. Magnani, Le collezioni antiquarie del Museo Civico Archeologico di Fiesole, Tesi di laurea in museologia, Corso di Laurea in Conservazione dei Beni culturali e Ambientali, A.A. 2002-2003.

P. Rescigno, Tra culto della memoria e scienza. Il Museo Archeologico di Fiesole tra Otto e Novecento, Firenze 1994.

C. Salvianti, Donatori e donazioni: alle origini del Museo civico di Fiesole, in C. Salvianti (a cura di), La collezione Costantini, Milano 1985.